Meglio leggere, ancora una volta, le parole del generale dell’esercito italiano Fabio Mini, nel suo ultimo interessante lavoro Che guerra sarà (il Mulino, 2017), per comprendere appieno la gravità della situazione presente: “Più che nel passato, oggi è necessario tenere i governati in uno stato permanente di agitazione e paura. L’uso della forza non è più l’extrema ratio; non è neppure lo strumento ancillare della politica e della sicurezza: la guerra e la minaccia della guerra consentono di creare l’insicurezza e mantenerla a quel livello di parossismo necessario all’esercizio del potere”. E un centinaio di pagine più avanti chiosa così sull’immediato futuro: “Ogni tipo di guerra sarà sperimentato e combattuto e la loro sommatoria permetterà di realizzare l’immenso campo di battaglia del futuro dal quale le élite mondiali di politica e affari trarranno i profitti materiali e di potere. Soltanto con questo tipo di guerra globale il parossismo può essere tenuto ai massimi livelli e lo sviluppo tecnologico bellico ha senso e avvenire perché orientato sempre verso qualcosa che può e deve accadere.” Continua a leggere
campagna disarmo e difesa civile
Diamo difesa civile ad un Paese che brucia (anche le risorse in spese militari)
Era proprio il mese di luglio del 2013 quando – dopo averne parlato in riva al Lago di Garda con Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento – scrivevo per Azione nonviolenta l’intervento preparatorio al XXIV Congresso, nel quale proponevo di assumere come centrale nell’azione del movimento fondato da Aldo Capitini l’avvio di una campagna per la “pari dignità” tra la difesa militare e quella civile, condotta attraverso una grande alleanza tra l’area disarmista, nonviolenta e quella del servizio civile. Fu quanto avvenne al Congresso del gennaio 2014 a Torino, nel quale fu presa la decisione di lavorare alla costruzione dell’Alleanza delle sei reti (Conferenza nazionale Enti Servizio Civile, Forum Nazionale Servizio Civile, Sbilanciamoci, Tavolo Interventi Civili di Pace, Rete della Pace, Rete Italiana per il Disarmo) che a Verona, all'”Arena di pace e disarmo” del 25 aprile di quell’anno, lanciarono la campagna “Un’altra difesa è possibile”. Continua a leggere
Universale o residuale? Il Servizio civile ossia la “difesa non armata della Patria”
Il governo ha approvato il decreto attuativo del Servizio civile universale, avanzamento positivo sul piano dei principi. Del tutto insufficiente sul piano delle risorse, soprattutto se comparate alle spese per la difesa militare, rese note dal Primo rapporto italiano del Milex. Per un anno di “strumento di difesa non armata” si spende quanto quattro giorni di “difesa” iper-armata
A quarantacinque anni dalla Legge 772/72, che riconosceva la possibilità dell’obiezione di coscienza al servizio militare e la concessione della possibilità del “servizio civile sostitutivo”, ed a sedici dalla Legge 64/2001 che istituiva il Servizio civile nazionale finalizzato a “concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari”, il 10 febbraio scorso il governo ha approvato, in via definitiva, il decreto legislativo che disciplina il Servizio civile universale in attuazione della legge 6 giugno 2016, n.106 relativo alla riforma del Terzo settore.
Diciamo subito che, sul piano dei principi, si tratta di una notizia positiva da molti punti di vista. Eccone elencati alcuni sul piano dell’identità, della convivenza, dell’Europa. Continua a leggere
La tragedia di Aleppo, il terrorismo della guerra, il dramma del “movimento per la pace”
Infine, dopo quattro anni di assedio e dopo mesi di bombardamenti, anche al fosforo bianco, sulle case di Aleppo est, l’esercito siriano di Assad – sostenuto da quello russo e da quello iraniano – ha raso al suolo e “ripulito” una parte della seconda città della Siria dalla ultime sacche di resistenza anti regime.
E’ una guerra sporca quella siriana, sporca come tutte le guerre. Nasce con la risposta violenta del regime familiare di Assad alla “primavera araba” siriana, alla richiesta popolare e pacifica di più diritti e più democrazia, soffocata nel sangue dal regime fin dal marzo del 2011 e repressa con la tortura sistematica degli oppositori, come denuncia anche il Syrian Nonviolence Movement Continua con la nascita dell'”esercito libero siriano” che risponde alla violenza del regime organizzando la contro-violenza armata, e poi con il radicamento delle milizie fondamentaliste, anche internazionali, che cercano di egemonizzare l’opposizione al regime. Si aggiungono – dall’altro lato – il sostegno militare russo e iraniano ad Assad e l’arrivo di armi, tante armi, a tutte le parti in guerra. Armi russe al regime, armi USA nelle mani di ribelli e terroristi. Armi italiane finite probabilmente da entrambi le parti in conflitto, visto che il nostro Paese, fino al 2011, è stato il principale fornitore di armi nell’Unione Europe al governo siriano. Continua a leggere
Un’altra difesa è possibile perché una vera sicurezza è necessaria
Mentre il piano antisismico nazionale prevede per l’intero 2016 meno delle spese militari di un giorno, la Campagna per la difesa civile, non armata e nonviolenta convoca a Trento, per il 4 e 5 novembre, i suoi “Stati generali”. Cento anni dopo l’immane macello della “grande guerra”, l’alternativa è secca: continuare nella follia o rinsavire
Quando scrivo queste righe, il nostro Paese è sottoposto alle ennesime scosse di un terremoto infinito che da mesi sconquassa le regioni dell’appennino centrale, uccidendo le persone, abbattendo le case, distruggendo il patrimonio storico, avvilendo il morale dei superstiti. Il terremoto in Italia non è solo un evento catastrofico ad alto rischio ma una certezza periodica, costitutiva della struttura morfologica del nostro territorio. Anzi, leggiamo sul sito della Protezione civile, “l’Italia è uno dei Paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo, per la sua particolare posizione geografica, nella zona di convergenza tra la zolla africana e quella eurasiatica”. Le circa trecento vittime di Arquata, Amatrice e Accumoli sono solo le ultime di una lunghissima sequela di morti: migliaia nella storia dell’Italia repubblicana, milioni nella storia secolare del Paese. Il terremoto non si può ne’ prevenire ne’ prevedere, ci dicono gli esperti, ma le sue conseguenze catastrofiche sì. Da esse ci si può difendere attraverso la messa in sicurezza antisismica del territorio italiano.
E, in effetti, esiste in Italia – dal 2009 – un “Piano nazionale per la prevenzione del rischio sismico”, con un fondo dedicato che – sempre sul sito della Protezione civile – è così declinato: “la spesa autorizzata è di 44 milioni di euro per l’anno 2010, di 145,1 milioni di euro per il 2011, di 195,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, di 145,1 milioni di euro per l’anno 2015 e di 44 milioni di euro per il 2016.” Insomma, per difenderci dal rischio terremoto nell’anno in corso, mettendo in sicurezza gli edifici prima che – puntualmente – questo si verifichi, il governo ha previsto, complessivamente, la cifra di 44 milioni di euro! Ossia meno di quanto lo stesso governo spende ogni giorno per la difesa militare: il Documento programmatico pluriennale 2016-2018 del Ministero della Difesa prevede, per il solo 2016, 17,7 miliardi di euro per le spese militari che, divisi per i giorni dell’anno, fanno 48 milioni al giorno. Al giorno! Continua a leggere
Tra terrorismo e terremoto: dov’è la difesa?
Se ogni tre giorni spendiamo per la difesa militare più del budget annuo per la difesa antisismica del territorio, è giunto il momento di ridefinire culturalmente e politicamente il concetto di difesa, sottraendolo alla ricerca del nemico e al conseguente riduzionismo militarista che risucchia tutte le risorse destinate a questa voce di spesa.
Prologo. Per alcuni anni – a cavallo del passaggio di secolo – sono stato educatore nei Gruppi Educativi Territoriali di Reggio Emilia, centri pomeridiani dove la pratica educativa nella complessità culturale era – già allora – la regola. Ricordo una gita al mare, in Liguria, con il gruppo dei ragazzini di prima media: una di loro di religione musulmana, Khadija, conquistato con i propri genitori il diritto a venire in gita, porta con sé nello zainetto, insieme alla merenda, anche abiti e hjiab di ricambio. Giunti in spiaggia, osserva i compagni di gita spogliarsi, rimanere in costume o in calzoncini corti e poi, insieme a loro si getta in acqua, vestita. Dopo il lungo bagno le altre ragazzine del gruppo – complici e solidali – organizzano per lei un curato sipario, che la occulta agli sguardi indiscreti, dietro il quale Khadija si cambia i vestiti ed il hjiab. E’ asciutta e pronta tornare a casa. Felice. Continua a leggere
La “difesa” militare non è più una virtù
A 50 anni dal processo a don Milani, un’altra idea di difesa della patria dalle aule di tribunale alle Aule parlamentari
Il processo
Il 15 febbraio del 1966 Lorenzo Milani veniva assolto nel processo di primo grado (non fece poi in tempo ad essere condannato nel secondo…), nel quale era accusato di “apologia di reato” per aver difeso – con una risposta pubblica al comunicato stampa infamante dei cappellani militari – gli obiettori di coscienza cristiani in carcere. Essendo già gravemente ammalato, qualche mese prima il Priore di Barbiana aveva mandato ai giudici un’autodifesa scritta. Il processo a don Milani – i cui atti sono raccolti nella famosa pubblicazione L’obbedienza non è più una virtù (Quaderni di Azione nonviolenta) – è una tappa fondamentale nello sviluppo della consapevolezza pubblica che porterà, da lì a qualche anno (1972), alla prima legge italiana che prevede la possibilità di obiettare per motivi di coscienza al servizio militare obbligatorio, svolgendo un servizio civile sostitutivo. Tuttavia, sia nella lettera ai cappellani militari, sia nella successiva lettera ai giudici, don Milani non si limita a ribadire i motivi di coscienza – ancorati al Vangelo ed alla Costituzione italiana – che fondano legittimamente la scelta degli obiettori in galera, ma mette in discussione il principio della difesa militare della patria. Continua a leggere
Un secolo dopo l’inutile strage, un’altra difesa è possibile
Il 24 maggio di un secolo fa, in seguito ad un colpo di mano antidemocratico, il governo italiano di Antonio Salandra, in combutta con il Re, dichiarò guerra all’Austria. Nelle settimane precedenti, senza informare il Parlamento – in larga maggioranza contrario alla guerra – e ribaltando l’impegno neutralista assunto solennemente nell’agosto dell’anno precedente, aveva segretamente stretto alleanza con la Triplice Intesa in funzione anti austriaca. E’ l’inizio del tributo italiano alla “inutile strage” (papa Benedetto XV) che provocò complessivamente 16 milioni di morti e 20 milioni di feriti e mutilati. Tra gli italiani le vittime, militari e civili, furono 1.240.000, cioè il 3,4 % della popolazione, in grandissima parte appartenente ai poveri ceti popolari. Dei 5 milioni e 200mila italiani che furono chiamati alla guerra, e ne comprendevano la follia, 870mila, il 15%, subirono processi per renitenza e insubordinazione. Molti furono direttamente passati per le armi dai propri ufficiali attraverso la decimazione di interi reparti: l’uccisione casuale di un soldato ogni dieci per combattere gli ammutinamenti delle truppe. Continua a leggere
#AltraDifesaPossibile: la Campagna di primavera della “periferia onesta, pulita e nonviolenta”
E’ un vero risveglio di primavera quello che sta accadendo in queste ultime settimane utili per la Campagna Un’altra difesa è possibile. Dalla Sicilia alla Val d’Aosta, ogni giorno decine di banchetti di raccolta firme e di iniziative di riflessione stanno portando tenacemente avanti la proposta di legge di iniziativa popolare per la difesa civile, non armata e nonviolenta. Sono attivi comitati locali, a cura degli importanti soggetti nazionali che aderiscono alle Reti promotrici, ma anche piccoli, sorprendenti gruppi spontanei, come le signore di Anzola Emilia o le studentesse di Carpi o i volontari civili di Piacenza (faccio esempi emiliani che conosco direttamente in quanto coordinatore regionale della Campagna, ma è così in tutto il Paese). E’ un dispiegamento, quasi da manuale, di quella che Aldo Capitini definiva la “prima fase del potere” il potere dal basso senza il governo, fatto “di allargamento delle aperture, di addestramento alle tecniche della nonviolenza, di miglioramento della zona in cui si vive (perché da un periferia onesta, pulita, nonviolenta, avverrà la resurrezione del mondo), di lavoro educativo, di impostazione di continue solidarietà con altri nella rivoluzione permanente per la democrazia diretta, connessa intimamente con la nonviolenza” (Omnicrazia potere di tutti, 1968) . Continua a leggere
Un’altra difesa è possibile, non un’utopia
Lo stato della Campagna per la difesa civile, non armata e nonviolenta in Emilia Romagna, nell’intervista rilasciata ad Ilaria Venturi per La Repubblica.it edizione di Bologna

Presentazione della Campagna “Un’altra difesa è possibile” in Sala del Tricolore a Reggio Emilia (foto di Antonella Iovino)
Un’altra difesa è possibile. E non è una utopia, il sogno di pochi pacifisti, ma una proposta concreta: una legge di iniziativa popolare per realizzare in Italia una difesa civile non armata e non violenta. La raccolta di firme è già partita e sono già un migliaio le adesioni in Emilia Romagna. La campagna è solo agli inizi e si farà sentire in particolare a Bologna il 21 marzo, durante la Giornata nazionale della memoria e dlel’impegno contro le mafie di Libera. In Regione il consiglio comunale di Reggio Emilia ha aderito per primo alla campagna pacifista. “Ci aspettiamo lo faccia presto anche Bologna”, l’appello di Pasquale Pugliese, anima di questa iniziativa promossa da sei reti nazionali (Cnesc, Forum nazionale servizio civile, Rete della pace, Icp, Sbilanciamoci, Controllarmi). Continua a leggere