
Ho letto su Domani del 12 novembre un articolo del politologo Vittorio Emanuele Parsi dal titolo “Gli ucraini sono pronti a morire per la libertà, e noi italiani?”, la cui argomentazione è finalizzata – se ho bene inteso – a rilegittimare “la guerra come strumento ultimo al quale affidare la difesa della nostra libertà”. Recuperando, a questo scopo, il pensiero binario ottocentesco di Carl Schmitt che fonda la politica sulla dicotomia amico/nemico, che – a suo dire – dovremmo riportare in auge, perché aver rimosso l’hostis,il nemico, dal nostro orizzonte, porterebbe non alla pace ma “alla lotta di tutti contro tutti per il trionfo degli interessi particolari”. E’ l’antica logica del capro espiatorio, ampiamente spiegata da Renè Girard, sulla quale non ho nulla da aggiungere se non che è stata recuperata dal fascismo – “taci, il nemico ti ascolta” – ma è principio caro ad ogni dittatura – o autocrazia o democratura – che risolve il problema del conflitto interno (o, a volte, più banalmente del calo nei sondaggi) nella santa alleanza col popolo contro il comune nemico esterno.
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