Un’agenda pacifista per affrontare la crisi sistemica globale. E le prossime elezioni

Scriveva Edgar Morin, già ne La testa ben fatta, che “più i problemi diventano multidimensionali, più si è incapaci di pensare la loro multidimensionalità; più la crisi progredisce, più progredisce l’incapacità a pensare la crisi; più i problemi diventano planetari, più essi diventano impensati. Un’intelligenza incapace di considerare il contesto e il complesso planetario rende ciechi, incoscienti e irresponsabili” (ed. italiana, 2000) . E in effetti, la cecità, l’incoscienza e l’irresponsabilità – oltre vent’anni dopo – sembrano essere la cifra predominante nel discorso pubblico, incapace di considerare che il precipitare della crisi politica italiana si inserisce all’interno – ed è un effetto collaterale – della crisi sistemica, che è insieme crisi ecologica, energetica, pandemica, bellica, alimentare, sociale e infine culturale. La crisi del pensiero, in specie politico, in Italia è così grave che non riesce a pensare la complessità della crisi nella quale siamo immersi, ma solo a balbettare di posizionamenti elettorali sulla crisi di governo, incapace di collegare l’effetto locale – e le possibili soluzioni – alla crisi globale.

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Guerriglia e nonviolenza. Un dialogo tra Aldo Capitini ed Eugenio Scalfari

[Washington, 21 ottobre 1967]

Non so quando Pierluigi Battista scrive del “pacifismo a senzo unico” (HuffPost, 15 luglio), come non immaginabile nel negare il sostegno alla lotta armata dei Vietcong contro l’aggressione USA, che cosa intenda ed a chi faccia riferimento. Il pacifismo che conosco io – in Italia promosso da Aldo Capitini e Danilo Dolci, da Giorgio La Pira e Ernesto Balducci – negli anni ’60 non chiedeva armi per la guerriglia vietnamita ma era impegnato per la risoluzione nonviolenta del conflitto, pur stando dalla parte degli oppressi. Esattamente come fanno oggi Movimento Nonviolento e Rete Italiana Pace e Disarmo. Non a caso punto di riferimento per tutti era Thich Nhat Hanh, monaco vietnamita proposto per il Premio Nobel per la pace da Martin Luther King proprio per l’impegno per la nonviolenza e la riconciliazione. E per questo indesiderato sia dal governo del Vietnam del Sud che da quello del Vietnam del Nord. Se c’è “manipolazione del linguaggio che ha raggiunto vette di perfezione” – come ha scritto Battista – dunque è proprio la sua, che fa confusione scrivendo cose scorrette e sbagliate. Rimane solo da capire se lo fa per perfetta ignoranza o per perfetta malafede. O per entrambe.

A me, invece – alzando lo sguardo oltre queste miserie giornalistiche – quella fase storica del pacifismo fa tornare in mente, tra le altre cose, un dialogo indiretto tra Aldo Capitini ed Eugenio Scalfari (morto il 14 luglio, al tempo fondatore e giornalista de L’Espresso) del 1967, pubblicato nel volume postumo di Capitini Il potere di tutti (1969), sul tema Guerriglia e nonviolenza, del quale – per la sua disarmante profezia sul piano interno e attualità sul piano internazionale – riporto qui alcuni stralci.

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Il doppio standard. Retorica della resistenza e lotte armate, tra Ucraina e Kurdistan

[Zerocalcare]

Come sappiamo, in un paese come il nostro dove la Resistenza antifascista ha rappresentato una parte fondamentale dell’identità repubblicana, la partecipazione alla guerra con la fornitura di armi al governo ucraino ha fatto massicciamente leva anche sulla retorica della resistenza, attraverso un ripetuto parallelismo tra la resistenza italiana negli anni 1943-45 al nazifascismo e la “resistenza” degli ucraini all’occupazione russa. Una retorica che ha colpito intenzionalmente anche l’Anpi ed il suo presidente Gianfranco Pagliarulo a causa della legittima critica verso l’invio di armi, in particolare nelle settimane precedenti le celebrazioni del 25 aprile. Ma si tratta di una “retorica”, appunto, costruita per toccare i tasti emozionali profondi di una parte sensibile del Paese – orientandola sul “dovere morale” di armare questa “resistenza”, analogamente all’invio di armi alleate a beneficio dei partigiani italiani – anziché contribuire a svolgere un’analisi ragionata di similitudini e differenze. Che, invece, è necessario fare per punti successivi.

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