A proposito di green pass, guerre e piazze vuote

Oltre a tutte le conseguenze sanitarie, in questa pandemia si stanno manifestando anche conseguenze sociali e culturali a causa delle quali – se nessuno se ne prende cura – rischiamo seriamente di uscirne più incattiviti di come vi siamo entrati.

Rispetto al tema dei vaccini, per esempio, si sono delineati due schieramenti granitici, incapaci di dialogare e di riconoscere reciprocamente le preoccupazioni degli altri, che vengono invece omologati in etichette onnicomprensive, che annullano la complessità e le articolazioni: si vax o no vax, senza mediazioni. Con insulti reciproci che raggiungono, da entrambe le parti, iperboli comunicative inascoltabili: dalla Meloni e altri nostalgici del fascismo, che parlano di “dittatura sanitaria”, a Zingaretti che, con un’insopportabile metafora bellica, paragona chi ha timore di vaccinarsi ai disertori di guerra (come se non fosse proprio la diserzione l’unica scelta giusta nella guerra, quella vera, non metaforica). [Già qui avevo provato a de-costruire le metafore belliche come narrazione della pandemia].

Non dico di ripassare la Filosofia del dialogo di Guido Calogero o il Principio dialogico di Martin Buber, ma almeno qualche manuale sulla gestione nonviolenta dei conflitti di Pat Patfoort, per non affrontare ogni tema delicato, attinente a questioni fondamentali – come, per esempio, la tutela della salute e dei diritti civili di tutte e di tutti – come una guerra (appunto). Da cui ne usciremo, magari vivi, ma sicuramente peggiori.

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La trappola di Genova e la globalizzazione della violenza: una ricostruzione lillipuziana

Che cosa ha significato l’esperienza del G8 di Genova nel luglio del 2001 per i movimenti impegnati per un altro mondo possibile, lo si può comprendere pienamente prendendola un po’ alla lontana, nel tempo e nello spazio, ricostruendone il clima sociale e politico, nazionale e internazionale. Per questo ho recuperato alcuni dei miei scritti di quel tempo, in cui non c’erano i social ma le informazioni passavano attraverso la dimensione cartacea e – al di là di alcuni sito web piuttosto statici – attraverso le infinite mailing-list.

In preparazione del G8 di Genova

Genova per me, per esempio, comincia a Marina di Massa nell’ottobre del 2020, dove si svolgeva la prima Assemblea nazionale della Rete Lilliput, e dove mi recai con Luca Iori e Donata Frigerio del nodo illipuziano di Reggio Emilia. Ne scrissi un ampio resoconto per Azione nonviolenta (novembre 2000), del quale riporto di seguito alcuni stralci

A circa un mese dall’Incontro di Marina di Massa (assemblea nazionale della Rete di Lilliput, ottobre 2000), proviamo ad abbozzare un primo bilancio complessivo.
Tre giornate intensissime di lavoro dove un numero assolutamente inaspettato di partecipanti ha lavorato nei 5 “gruppi”(si fa per dire, visto che contenevano tutti dalle 150 alle 200 persone) previsti, provando a mettere a punto l’identità e la strategia di questo esperimento politico che non ha eguali in Europa. La sfida è molto ambiziosa: si tratta di immaginare e costruire un soggetto politico reticolare dal basso, capace di far collaborare attivamente i gruppi e i movimenti già esistenti sui territori, al fine di condizionare le scelte dei Gulliver della terra per costruire una economia sostenibile e di giustizia. Di resistere cioè alla violenza della globalizzazione e alla globalizzazione della violenza e di costruirne le alternative, attraverso l’intreccio dei nodi che i lillipuziani vogliono allacciare insieme. Alcuni “gruppi” hanno lavorato su tematiche più largamente condivise ed hanno elaborato obiettivi sui quali già adesso la Rete di Lilliput è chiamata a mobilitarsi, altri su tematiche più delicate per la vita interna, che dovranno essere perciò ancora approfondite.
Tra gli obiettivi condivisi alcuni hanno l’ampio respiro di un vero e proprio “programma costruttivo” volto a modificare in profondità i processi del nostro modello di sviluppo, altre sono campagne di boicottaggio delle multinazionali che opprimono la dignità del lavoro e devastano l’ambiente (per esempio verso McDonald e Benetton, oltre quelle già in atto da tempo nei confronti di Nestlè e Del Monte) ed altre infine sono azioni più specifiche tese a contrastare eventi mediatici come il G8 di Genova.

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