C’è chi dice no. I sindaci, l’obiezione di coscienza e la disobbedienza civile

La scelta di alcuni sindaci di fare obiezione di coscienza, per ragioni di umanità, all’applicazione del cosiddetto “decreto sicurezza” voluto dal ministro Salvini, fa riferimento alla lunga storia della disobbedienza civile. Una delle forme della lotta nonviolenta che afferma un principio di civiltà: il primato della coscienza rispetto alla legge, teorizzato per primo in Italia da Aldo Capitini. Anche in riferimento alla sua teoria critica del potere. Per approfondire il tema propongo la lettura integrale del paragrafo dedicato all’obiezione di coscienza e alla disobbedienza civile contenuto nell’ Introduzione alla filosofia della nonviolenza di Aldo Capitini (goWare 2018)

L’esercizio del potere di tutti non è lasciato al caso, ma – perché sia efficace – si serve delle “tecniche della nonviolenza”, ossia dell’insieme dei mezzi coerenti con il fine dell’omnicrazia e della realtà di tutti, fondati sul primato della coscienza individuale rispetto alle leggi dello Stato. Di fronte alle teorizzazioni dello Stato-Tutto ed alle sue concrete realizzazioni storiche – di cui i totalitarismi (Hannah Arendt) del ‘900 sono stati gli estremi esemplari – nei quali uomini e donne sono costretti a rinunciare anche alle libertà e ai diritti fondamentali, Capitini, già durante la dittatura fascista, e poi nell’Italia repubblicana propugna l’obiezione di coscienza e la disobbedienza civile, per aprire spazi concreti di democrazia partecipativa. È la teorizzazione della nonviolenza come strumento di liberazione dalla coercizione, diretta e indiretta, esercitata dal potere (totalitario e “democratico”) nei confronti dei cittadini. Per esempio in riferimento alla preparazione della guerra. Continua a leggere