Cento anni dopo, occorre disertare ancora le sacre nozze tra stupidità e potenza

Questo articolo è stato pubblicato su Azione nonviolenta – la rivista fondata da Aldo Capitini – nel numero dedicato alle opposizioni alla “grande guerra” (sett-ott 2015). Dunque è stato scritto prima della strage di Parigi e della risposta bellica che ne è stata innestata.  Che ne conferma tragicamente le tesi di fondo. La rivista sarà presentata a Reggio Emilia il 3 dicembre.

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C’è una retorica vischiosa che circonda il Centenario dell’ingresso del nostro Paese nella “grande guerra“, la quale – pur lontana dalla narrazione nazionalista di un tempo – continua a considerare “servitori della Patria” coloro che furono uccisi in guerra e “codardi” quello che cercarono di “sottrarsi al proprio dovere”, coloro che disertarono. Eppure, cento anni sono sufficienti affinché, almeno in riferimento alla prima guerra mondiale, la storiografia cominci ad occuparsi di quella che la storica Anna Bravo chiama la “genealogia del sangue risparmiato”. Che inizia, secondo l’autrice de “La conta dei salvati”, proprio “con quei soldati della Grande Guerra che si accordavano con il nemico per salvare la propria vita, e la sua, grazie all’autolimitazione della distruttività”, ma che sicuramente possiamo estendere anche ai renitenti, ai disobbedienti, agli obiettori di coscienza, insomma a tutti coloro che rispetto all’avventura bellica del proprio Paese espressero il proprio personale “NO alla Grande guerra”, per citare il titolo dell’importante libro di Ercole Ongaro. Continua a leggere

La tua lettera ci fa bene. Una risposta a Chaimaa Fatihi

Chaimaa Fatihi

Grazie per la tua lettera, Chaimaa!

Ti scrivo da educatore e da formatore impegnato per la nonviolenza: la tua lettera ci fa bene.

Di fronte all’ondata di anti-islamismo becero e ignorante che sta montando nel nostro Paese, alimentato per fomentare a fini politici la paura nei confronti di chi è portatore di differenze, la tua lettera al quotidiano la Repubblica – che sta così tanto circolando in rete – è per tutti un insegnamento di civiltà. Sento le tue parole fondate sui “principi fondamentali” della Costituzione italiana, al contrario di quelle di chi pretestuosamente cerca di minare alla radice la capacità di convivenza tra le persone, assimilando in un unico impasto perverso “nemici” esterni ed interni. Ma anche al contrario di quelle di chi ipocritamente proclama la lotta al terrorismo, ma poi consente – e promuove, come anche tu scrivi – l’invio di armi nella polveriera del Medioriente, sapendo che oltre a seminare direttamente terrore e morte, esse generano altro terrorismo. Che ci tornerà indietro. Continua a leggere

Il tempo della guerra e il programma politico per la pace. Oggi più che mai, un’altra difesa è possibile e necessaria

(foto di Fouzia Tnatni)

(foto di Fouzia Tnatni)

Il terrorismo ha raggiunto il suo obiettivo: con la risposta della guerra il terrore vince. Quel terrorismo jihadista che – dopo aver provocato decine di migliaia di vittime con attentati terroristici quotidiani nei paesi di religione islamica, dall’Africa al Medioriente – ha colpito a Parigi il cuore dell’Europa, non ha ucciso solo 132 persone innocenti, ma ha fornito il pretesto per scatenare un nuovo ciclo di guerre planetarie, in continuità con quelle che lo hanno generato. Una nuova fase nella “guerra mondiale a pezzi”, già partita con gli incessanti bombardamenti franco-russi sulla popolazione civile siriana, che uccidono – a loro volta – migliaia di altri innocenti, terrorizzando le popolazioni e agevolando l’emersione di nuovo terrorismo e con esso il rinchiudersi dei paesi occidentali nella paura e nello stato di polizia permanente. Insomma, con la guerra il terrorismo vince su tutta la linea. Continua a leggere

La strategia della violenza ha fallito. Ora intelligenza contro stupidità

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Stiamo saturando il mondo di armi, questo è il nostro problema.
Così produciamo i risultati che poi tutti detestiamo

Zygmut Bauman
(Festival Filosofia, Carpi 19 settembre 2015)

Siamo ancora frastornati da quanto avvenuto a Parigi, ma il dolore per le vittime misto alla sensazione che la guerra sia alle porte, e può colpire ciascuno di noi, non deve paralizzarci. Questo è il fine del terrorismo: terrorizzare per rendere impotenti oppure uguali, ossia “spetati”. Non dobbiamo fare ne l’uno ne l’altro. E’ necessario reagire, ma occorre farlo con intelligenza.
Il messaggio che sta passando in queste ore, dall’Eliseo in giù, è “siamo in guerra”, che significa “a la guerre comme a la guerre”. Ed è vero che siamo in guerra, con tutte le sue criminali implicazioni, solo che non lo siamo dal 13 novembre 2015: lo siamo da decenni in tutti gli scenari mediorientali. Anzi, in Europa ci siamo illusi di poter fare guerre ovunque e vendere armi a tutti senza subirne le conseguenze. Abbiamo giocato col fuoco e ci siamo bruciati. Oltre a bruciare, ogni anno, centinaia di miliardi di euro in spese militari. Continua a leggere