In questi giorni, in USA, in Europa ed anche in Italia, monta l’allarme per le migliaia di giovani combattenti jihadisti arruolati nelle file dell’Isis, ma nati e cresciuti nei Paesi occidentali. Giovani musulmani delle periferie, di seconda o terza generazione, che abbracciano la dottrina jihadista spesso in solitudine, attraverso i social network, per unirsi alla “guerra santa” contro l’odiato Occidente, in Siria ed in Iraq. E’ un fenomeno non nuovo, già emerso negli attentati nelle capitali europee degli anni 2000, che oggi sembra aver fatto un salto di qualità, anche sul piano quantitativo. Allora come oggi c’è chi – invece di cercare di capire le cause di questa fuga dall’Occidente e il rivoltarsi contro – evoca lo scontro di civiltà, una profezia che tende ad auto-avverarsi. Allora buttavo giù alcuni appunti per “Azione nonviolenta”, la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini – “La nonviolenza nel passaggio alla società transculturale. Appunti per la trasformazione dei conflitti interculturali” – che oggi non mi pare inutile rileggere e riproporre, soprattutto per verificare quanto il lavoro consapevole ed intenzionale verso la società transculturale, che quasi dieci anno fa evocavo, sia ancora da fare. E le conseguenze sono sempre di più sotto gli occhi di tutti.
La nonviolenza nel passaggio alla società transculturale. Appunti per la trasformazione dei conflitti interculturali
un tragico luglio
Ho scritto le righe che seguono nel tragico luglio del 2005 segnato dai 56 morti degli attentati di Londra e dagli oltre 80 di Sharm El Sheikh (oltre alle centina di civili irakeni che nessuno ormai conteggia più), dall’evocazione (o sarebbe meglio dire l’invocazione?) sui media dello “scontro di civiltà” e dalla messa a punto, in un parlamento mai tanto bipartisan, del giro di vite repressivo ed espulsivo nei confronti degli immigrati (in specie clandestini), come misura di sicurezza. E dire che il mese si era aperto con il decennale dell’eccidio di Sebrenica, in cui la tragedia (7.000 musulmani bosniaci uccisi in 5 giorni dai serbi cristiani) si era svolta a ruoli
invertiti…
Le ho scritte perché credo che sia un terribile errore lasciarsi chiudere nella spirale di paura e violenza che tanti cattivi maestri, da una parte e dall’altra, stanno irresponsabilmente alimentando, in un macabro gioco globale in cui guerra, terrorismo e repressione si alimentano a vicenda. Mi pare invece importante fermarsi a riflettere su un elemento decisivo, quanto trascurato: i quattro attentatori suicidi di Londra erano figli di pakistani immigrati in Inghilterra all’inizio degli anni `90, gente che ha lavorato sodo, ha fatto di tutto per integrarsi e si è costruita una famiglia e una posizione attraverso una vita dedicata al sacrificio per affermarsi socialmente…Continua a leggere su Azione nonviolenta, ottobre 2005 oppure scarica il .pdf