Dalla retorica della pace alla politica per la pace. Il passaggio necessario

invasione-gaza-labirinto-cervelloLa scorsa settimana sono stato invitato ad un dialogo sulla Campagna per il Disarmo e la difesa civile, all’interno della Festa di Sinistra Ecologia e Libertà di Reggio Emilia, con Giulio Marcon, coordinatore dell’Intergruppo dei Parlamentari per la pace, e Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana Disarmo.

Con Marcon ci eravamo ritrovati anche lo scorso anno alla Festa di SEL a Taneto di Gattatico, quando sembrava fosse imminente un attacco americano alla Siria. Quell’attacco non è più avvenuto, la guerra in Siria continua disperatamente, ma nessuno se ne ricorda più; come nessuno si ricorda del Congo o di altre decine di situazioni nelle quali sono in corso conflitti bellici. Tra questi la crisi tra Ucraina e Russia, nella quale probabilmente va inserito l’abbattimento dell’aereo civile malese.

Anche la recrudescenza del conflitto a Gaza è la nuova tappa di un storia nella quale da tempo la guerra è diventata la continuazione della politica attraverso altri mezzi, tra lo Stato più militarizzato del pianeta che occupa manu militari terre non sue e gruppi armati che follemente ritengono di poterlo sfidare sul piano militare, un gioco al massacro sulla pelle dei giovani palestinesi. Con una comunità internazionale impotente o più interessata a tutelare i propri interessi che la ricerca di una soluzione giusta e nonviolenta del conflitto. Anche i governi che ci rappresentano continuano a vedere nella guerra più un affare che un crimine. L’Italia è la maggiore esportatrice europea di sistemi d’arma verso Israele e la portaerei Cavour ha passato l’inverno al caldo, nei mari dei tropici, come fiera ambulante del made in Italy che tira e uccide. Continua a leggere

Disarmo e Difesa nonviolenta: la nuova mozione del popolo della pace

La “Marcia della pace per la fratellanza tra i popoli” DSC_0048 voluta da Aldo Capitini nel 1961 ha rappresentato, per il nostro Paese, l’ingresso sulla scena politica e culturale di un nuovo “soggetto della storia” (convocato da “un nucleo indipendente e pacifista integrale”), ossia di quel “popolo della pace” a nome del quale Capitini lesse, dalla Rocca di Assisi, appunto la “mozione del popolo della pace”. Ripensando un anno dopo all’esperienza della prima “Perugia-Assisi”, Capitini scriveva che “una marcia non e’ fine a se stessa; continua negli animi, produce onde che vanno lontano, fa sorgere problemi, orientamenti, attività”. Quando Aldo Capitini scriveva queste parole a commento della “Marcia per la pace e la fratellanza tra i popoli” del 1961 era consapevole di aver aperto un varco nella storia del ‘900 attraverso il quale per la prima volta era entrato in scena ed aveva preso la direttamente la parola, senza ulteriori mediazioni, il “popolo della pace” che, convocato in una “Assemblea itinerante” partita da Perugia e giunta alla Rocca di Assisi, poneva – con il suo stesso manifestarsi – all’ordine del giorno dell’agenda della politica e della cultura la sua specifica “mozione”. Continua a leggere