Man mano che ne vengono definiti i dettagli, il gesto violento contro i carabinieri che ha trasformato il giorno dell’insediamento del nuovo governo in una domenica macchiata di sangue, appare carico di riferimenti simbolici che rimandano plasticamente alle piaghe aperte nella carne viva del Paese. Mentre i ministri del governo Letta giuravano nelle mani del Presidente della Repubblica, sorridenti e ignari di quanto avveniva contemporaneamente in strada poco distante, un uomo quarantanovenne – emigrante in andata e ritorno, disoccupato per aver perso il lavoro nell’edilizia, separato dalla moglie e dal figlio perché rovinato dal gioco, partito da Rosarno, dove era tornato a vivere con gli anziani genitori, giunto a Roma per uccidere un ministro e farla finita con la vita – ha esploso il caricatore della pistola (acquistata al mercato nero delle armi) contro due carabinieri che sorvegliavano il palazzo del Governo. Se non verrà scoperto nei prossimi giorni nessun altro misterioso movente, la biografia recente dell’attentatore contiene in sé, snocciolati uno ad uno, gli elementi del dramma che sta attraversando l’intera nazione. La tempistica scelta li scandisce come l’incedere di una tragedia greca. Dove la classicità si salda alla cronaca. Continua a leggere
Mese: aprile 2013
Oggi la liberazione si chiama disarmo
Nei giorni scorsi, mentre eravamo concentrati sulle vicende istituzionali, non abbiamo posto sufficiente attenzione ad alcune notizie arrivate dal mondo che riguardano direttamente, e pesantemente, il nostro Paese.
Il 15 aprile è stato pubblicato l’annuale rapporto del SIPRI, lo storico e autorevole istituto internazionale di ricerche sulla pace, sull’andamento delle spese militari nel pianeta. Nel 2012 si è speso in armi nel mondo qualcosa come 1.753 miliardi di dollari, una cifra che emerge in tutta la sua assurdità se teniamo presente che per esempio – come ha ricordato Sbilanciamoci – nello stesso tempo si spende a livello globale circa 60 miliardi per la cooperazione allo sviluppo e la lotta alla fame, cioè appena il 3,4% di quanto si spende per le armi. L’Italia – mentre è agli ultimi posti in Europa per le spese della cultura (ultima) e dell’istruzione (penultima, prima della Grecia) – è risalita nella “top ten” mondiale delle spese per gli armamenti, riconquistando il decimo posto con i suoi 34 miliardi di dollari, che non comprendono le missioni all’estero e sono solo stimati perché nel nostro Paese i bilanci militari sono distribuiti su più ministeri. Continua a leggere
Ossigeno al cervello e sguardo prospettico
Dopo una settimana di passione, ieri pomeriggio, sabato 20 aprile – spento cellulare, pc ed ogni altro mezzo di comunicazione – mi sono immerso, insieme ad una quindicina di amici partecipanti, nell’ultimo appuntamento del laboratorio di ricerca su le parole della nonviolenza presso la Casa delle culture di Modena.
Mentre è da poco iniziato il sesto scrutinio per l’elezione del presidente della repubblica, trovarsi, come da programma, a commentare coralmente il capitolo sui principi di una strategia politica nonviolenta de “L’antibarbarie” – l’ormai classico lavoro del filosofo Giuliano Pontara sulla “concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo” – è vissuto da tutti i presenti non come una fuga dalla realtà politica che si svolge sincronicamente nel chiuso del Parlamento e tiene incollati milioni di italiani ai social network, ma come un posizionarsi su un’altura all’aperto che fornisce ossigeno al cervello e consente uno sguardo prospettico, capace di buona osservazione e di fornire indicazioni per il giusto cammino in avanti. Continua a leggere
Vorrei un Presidente di sani principi. Costituzionali
Il Presidente che vorrei non è il custode della Costituzione, ma il suo promotore. Ne promuove la realizzazione di tutte le parti e di tutti gli articoli, sopratutto quelli finora trascurati o aggirati dai diversi poteri, statali e no. Il Presidente che vorrei è consapevole che i dodici “principi fondamentali” della nostra Carta sono l’equivalente laico dei “principi non negoziabili” delle confessioni religiose. Sono i “sani” principi, le condizioni senza le quali non il Patto non si tiene, il legame si scioglie.
Questo era chiaro ai padri costituenti i quali non scelsero parole auliche o ricercate per scrivere la Carta costituzionale repubblicana, ma le parole più comuni, comprensibili da tutti, senza alcuna ambiguità interpretativa, in un Paese nel quale solo il 40 % degli italiani sapeva leggere e scrivere.
“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, è affermato nel primo principio e poi, se non fosse chiaro cosa s’intende con ciò, lo si spiega compiutamente nel quarto: “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Ebbene, l’Italia è ormai tra gli ultimi posti in Europa per il lavoro, ossia a 3.000.000 di italiani – cioè il 12 % della popolazione italiana in età lavorativa, che diventano quasi il 40 % tra i giovani (e qui siamo proprio ultimi) – questo diritto non è riconosciuto, né esistono condizioni che possano renderlo effettivo. Continua a leggere
Pericle e i saggi
Questo gran parlare di saggi mi ha fatto tornare in mente lo studio giovanile dell'”Etica nicomachea”, laddove Aristotele, nella sua meticolosa sistematizzazione della conoscenza antica, distingue sapienza da saggezza. La sapienza, nel sistema aristotelico, ha per oggetto la conoscenza dei principi assoluti, addirittura “necessari”, ossia ciò che non può essere modificato dall’uomo ma solo conosciuto e contemplato La saggezza, invece, ha per oggetto l’agire umano e i mezzi utilizzati, concerne “le cose che per l’uomo sono buone e cattive”. “La saggezza” spiega Aristotele “dirige l’agire nell’ambito dei beni umani”, per cui essa è una virtù eminentemente politica. L’esempio di uomo saggio proposto da Aristotele è Pericle – da molti considerato”l’inventore della democrazia” – in tempi recenti tirato in ballo anche nella disputa politica italiana, a proposito del suo celebre “discorso agli ateniesi” del 461 avanti Cristo. Credo meriti rileggerlo: Continua a leggere
C’è bisogno di disarmo. Urgente
Nonostante siamo immersi nella più devastante crisi economica dalla fine della seconda guerra mondiale, la spesa pubblica annua globale per gli armamenti è calcolata in olte 1.700 miliardi di dollari (in pratica tutti gli Stati spendono ogni giorno in armi più del doppio del bilancio delle Nazioni Unite di un intero anno) e, contemporaneamente, il volume di affari del commercio “legale” delle armi si avvicina ai 500 miliardi di dollari all’anno. Non si è mai speso tanto in strumenti di guerra in tutta la storia dell’umanità. Per capire le dimensioni di queste cifre è utile sapere che l’ONU calcola che con meno di 24 miliardi di dollari all’anno si garantirebbe la scolarizzazione per tutti i bambini del pianeta, uno di quegli obiettivi del millennio all’improbabile raggiungimento dei quali mancano meno di 1.000 giorni. Continua a leggere